Visita Museo delle Marionette
Antonio Pasqualino
reinterpretazione de
La Foresta Radice Labirinto
di Italo Calvio
marionette e burattini dal mondo
marionette e burattini dalla sicilia
altro
Il Museo internazionale delle Marionette a Palermo, è intitolato ad Antonio Pasqualino, un vero e proprio archeologo nel campo delle tradizioni popolari. L’edificio, nel quale si concentrano collezioni di pupi siciliani, burattini e marionette provenienti da tutto il mondo, si trova alla “Kalsa”, in un edificio d’ottocento metri quadrati di creatività, distribuito su due piani. La biblioteca contiene circa tremila volumi sulla storia dei pupi e delle marionette, sullo studio delle tradizioni popolari e molti copioni manoscritti ottocenteschi. La fornitissima videoteca consente di rivivere gli spettacoli teatrali di differenti culture e tradizioni, ma ciò che rende affascinante questo luogo dell’immaginazione è la raccolta di circa tremilacinquecento marionette a fili, a bastone e a guanto oltre, naturalmente, ai pupi palermitani, catanesi e napoletani. In uno dei locali è stata allestita la ricostruzione del teatro di Gaspare Canino di Alcamo, i cui splendidi pupi sono conservati nelle prime due sale del museo. Al teatro di Alberto Farina appartengono, invece, le marionette a fili del Barbiere di Siviglia; in un altro luogo senza tempo si possono ammirare le figure del teatro delle ombre di Bali. Il mondo degli spettacoli dei pupi siciliani, che nell’Ottocento divenne un fenomeno di massa, è rappresentato dalle collezioni di pupi appartenenti alla scuola catanese (più alti di quelli palermitani e con le ginocchia più rigide) e a quella palermitana con le teste tonde in legno e gli occhi mobili. Gli eroi degli spettacoli venivano spesso accompagnati da macchiette comiche: Nofriu e Virticchiu a Palermo, Peppenninu a Catania. In una delle sale si possono vedere le marionette morte in modo violento con la testa mozzata e il corpo martoriato. Nel mondo magico di Alcina, invece, domina l’ambiguo fascino della trasmutazione; la maga, infatti, mostra tre facce sulla stessa testa.
Tratto da Wikipedia
Le storie dei "cuntisti"
Il cantastorie è una figura tradizionale della letteratura orale e della cultura popolare, che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia, sia antica, spesso in una nuova rielaborazione, sia riferita a fatti e avvenimenti contemporanei che entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una comunità. I cantastorie usavano uno strumento per accompagnare la "Cantata" di norma era la chitarra, ma ne usavano anche altri, come la fisarmonica o la lira in tempi più remoti. Si aiutavano con un cartellone dove veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene. La loro opera veniva remunerata con le offerte degli spettatori o con la vendita di foglietto volanti, dove era descritta la storia. Dopo gli anni 50 con l'avvento del vinile, queste storie venivano vendute con i dischi prima 78 giri poi 45. La tradizione deriva da lontani precedenti, quali gli aedi e rapsodi greci e i giullari, menestrelli, trovatori o trovieri del Medioevo francese e nella scuola poetica siciliana. Simili figure sono presenti anche nella cultura islamica, indiana e africana. A partire dal XIV secolo si allontanarono dalla letteratura più colta e contribuirono a diffondere in dialetto le gesta dei paladini carolingi della chanson de geste, argomento anche dell'Opera dei Pupi. Ebbero la massima fioritura nella Sicilia del XVII secolo e furono appoggiati dalla Chiesa con lo scopo di diffondere presso il popolo le storie dei santi e della Bibbia. Nel 1661 a Palermo i Gesuiti avevano costituito la congregazione degli "Orbi", cantori ciechi, a cui veniva insegnato a suonare uno strumento e che erano legati a temi esclusivamente religiosi sotto il controllo ecclesiastico.
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